Museo » Esilio sull'Himalaya
intervento critico di Paolo Marletta da "IDEA", 13/12/1953
Questo libretto di poesia ha vinto il Premio Chianciano, e dobbiamo augurarci che i lettori si accorgano di trovarsi davanti a un autentico poeta. La voce del Piazzolla è quella che già conoscevamo dalle Elegie doriche e dalle Lettere della sposa demente: freschissima di accento e rorida d'una sofferta vena di poesia, che i motivi più intimi del cuore sa chiarire ed innalzare al canto piano e sostenuto, ricco di contenuti fervori. Il suo dettato è chiaro ma non banale, limpido per un riuscito travaglio di espressioni di cui il lettore non si accorge: l'esperienza degli ermetici è stata fruttuosa per questi poeti nuovissimi che riconquistano la chiarezza senza tornare indietro.
Bisognerebbe citare versi e versi per dare un'idea della fisionomia di Piazzolla; ma indichiamo soltanto le liriche più belle, oltre a quella che da il titolo al libro, e che è un vero poemetto. La Preghiera al Padre morto, Tu cresci e non ti vedo, La vergine ci presentano aspetti diversi d'una medesima personalità che da al libro un tono unitario e che resta nel nostro ricordo con un accento suo, di pena sommessa e di canto, di levità piena di grazia. La freschezza di un fiore non ancora sbocciato e già rorido di tutta la sua ricchezza: ecco quel che rimane al lettore come fondamentale impressione. Ma non si creda che i temi del Piazzolla siano tenui, o crepuscolari.
Egli affronta i temi eterni della poesia, quelli che sorgono spontanei a chi vive e soffre con purezza di cuore; ma è il tono suo che è piano e lieve, e sa alzarsi alle vette più alte e impegnative con leggerezza felice, quasi come la sua allodola: «Tu che volando al tempo della gentilezza / di più remote ore agile tessi, / e t'è il lume del sole nuovo nido, / cancella dalle palpebre tristezza». L'Esilio sull'Himalaya è un colloquio dell'anima con se stessa, ed insieme una preghiera: tutto in una solitudine di vento e di neve. Invitiamo il lettore a leggerlo con attenzione, sicuri di non deluderlo.
Paolo Marletta