Opere » I sogni di Utrillo
da La Fiera Letteraria, 9 Ottobre 1960
Da circa cinquant'anni, alcune delle più patetiche strade di Parigi se ne stanno, silenziose e deserte, nei dipinti di Utrillo. Attendono! Sono vicoli e piazzette dove il colore delle case è antico, vario come l'aria; e dove, qua e là, tetti rustici e balconi chiusi si lasciano toccare appena dai rami di alberi senza foglie e senza ombra. Infelice e solitario, questo pittore passò gli anni della sua giovinezza a contemplare, a dipingere luoghi, strade incantate che conducono, dall'alba alla notte, verso una vita che affiora appena per poi svanire nella malinconia del tedio. Chi conosce Montmartre ma soprattutto il borgo del Tertre, che circonda la basilica del « Sacro Cuore » e va a perdersi, attraverso un intreccio di stradine sghembe verso il cupo Glignancourt, può capire quanto fosse vivo nell'artista il desiderio di nascondere, fra i più teneri colori, il suo amore immenso per una Parigi civettuolamente provinciale, ma piena di un suggestivo silenzio: fascino che è proprio d'ogni periferia. Utrillo, infatti, amò, con struggente tenerezza, le vie solitarie; quelle casette dalle soglie deserte che danno sull'infinito di un cielo grigio e lontano. Egli amò le piazze vuote appena sbiadite o accese da una luce mesta; e se le raccontò come le frasi di una fiaba, appoggiando, sulle case dai muri screpolati e dalle persiane in attesa di un volto umano, i colori vecchi e vivi che rendono più antico il luogo e più distante la presenza dell'uomo.
A voler conoscere per quale misteriosa ragione questo pittore, così isolato, così fuori da ogni scuola, infelice dalla nascita alla morte, sentì e scelse, quali luoghi ideali del suo itinerario maledetto, i paesaggi di una Parigi dimessa e rustica, occorre capire fino in fondo l'amarezza che fece di lui un uomo solo, messo ai margini della vita, dimenticato come una di quelle sue piazze, ove il calore d'ogni creatura è lontano, perduto o smarrito in fondo all'orizzonte strozzato. Pensiamo che egli non conobbe mai l'amore umano: ignorò chi fosse suo padre; e provò, chiuso in sé stesso, l'orrore della sua presenza fra gli uomini. Tale condizioni disperata contribuì moltissimo a fargli sentire, sin da giovane, un potente desiderio — era quasi una mania — di dimenticare, di dimenticarsi. E, quando s'accorse che il mondo lo chiamava alla vita, nel suo cuore si era già fatto il silenzio. Allora colmò i suoi giorni di alcool e di tristezza perché potesse illudersi di uscire fuori del tempo e trasmettere la sua straziante solitudine, bisognosa di una compagna, in quei luoghi che ormai si aprivano al suo spirito come le vie di un Paradiso senza fasti e letizia, muto e accessibile, vicino ai suoi, occhi perduti nel pauroso oblio nacque la sua Parigi che si può immaginare abitata da bambini e da gio-vanette nascosti o da ubriachi pieni di freddo e di ricordi.
Non potendo colmare il suo bisogno di tenerezza tra le creature incontrate nel mondo, Utrillo creò delle creature fatte di colori, di macchie, di nubi, nella speranza che qual-cuna lo chiamasse, una sera, a raccontare la sua pena di vivo. E a ogni casa dette idealmente un nome. In ogni piazza egli depose, silenzioso e lontano, la sua terribile malinconia. Pare che in ogni albero, spoglio e intirizzito dalla tramontana, egli rivedesse se stesso. Dietro ogni persiana chiusa credette di udire qualcuna che gli parlava con voce antica, identica a quella che egli portava sepolta nel suo cuore, ormai solo e smarrito. Allora si costruì, casa per casa, le strade come le aveva sognate nella sua adolescenza: come le desiderava quando l'alcool gli creava l'ebbrezza fittizia di un amore impossibile. In quelle vie di fiaba, dove si sente che nessuno passerà mai più, va e ritorna, sempre sola e immobile, la sua povera anima. E non si sa se è un'anima di fanciullo o di angelo, di vecchio battuto dal dolore della vita, o di saggio che vuole finire i suoi giorni in un mondo di pace. Dove senti ch'è passato il vento e l'inverno, subito dopo avverti che è passato Utrillo col suo pennello. Lo intinge nella sua amarezza, non per piangere, non per disperarsi, ma solo per attendere un'ora di vecchia letizia, di festa breve: poter raccogliere quel senso di calma e di ritrovata felicità proprio di certi vicoli cittadini.
I rumori di Parigi gli ricordavano troppo se stesso: lo avvicinavano alla sua condizione di derelitto. E, come ogni artista maledetto, egli scelse l'idillio: il silenzio. Si costruì la sua favola con i muri stonacati, le ali del mulino a vento, i selciati deserti e macchiati di silenziosa luce. Fece uscire dalla sua tavolozza le casine rosse e i balconi umili e azzurri, ove soltanto le ombre dei fiori potevano chiamarlo. Dipinse estrosi comignoli come tanti compagni di evasio-ne. Fece uscire, dal muto selciato dei vicoli di Montmartre, vecchi lampioni, cosi accorati nel vento e nel silenzio. Si vide fermo davanti agli usci chiusi, ove abitava colei che non lo avrebbe mai incontrato. Si dilettò nel deporre il verde sulle persiane ch'egli stesso chiudeva, col fiato straziato, in sul finire d'ogni giorno. E si accompagnò, idealmente, a quelle creaturine evanescenti che toccano, appena col passo, la prima neve invernale. Fece dei lunghi sogni sui tetti del Tertre, usciti dalla tavolozza tinti di rosa e di grigio. Sostò poi nel candore delle piazzette nella speranza di inoltrarsi in un tempo innocente e pieno di visi felici. Vide infine l'aria di Parigi, imprigionata fra i | rami nudi e i comignoli spenti, come il velo d'una sposa ch'egli non baciò mai.
Nella pittura di Utrillo, là dove le case attendono come i luoghi di un soggiorno quasi misterioso, le creature vanno, si dileguano in un tempo che è musica di passi e di ombre.
C'è in essa tutta l'aria di una pace impossibile che attrae a sé l'uomo per dirgli che la vita può essere ancora diversa, ma a patto che sia soltanto sognata.
Ecco la ragione per cui l'artista non si staccherà mai più da questo vecchio rione; e qui verrà a vivere e a morire ad ogni spegnersi di giornata.
Montmartre dovrà accompagnare il pittore, nel delirio dell'alcool e nella lontananza dell'oblio. Lo accompagnerà; ma egli sarà solo come i suoi alberelli e i suoi lampioni canuti di neve. Per tutta la vita, Utrillo attese agli angoli dì Montmartre, quelli che vanno verso Glignancourt, dipingendo quell'aria di Parigi che fa musica triste e quei vicoli quasi smorti, ciechi e colmi di buio, dove il suono delle feste pare già perduto per sempre e, sull'umido dei muri dimenticati, appare quasi l'immagine della morte. questo pittore passò tutta la sua vita a scoprire le stagioni, ferme con i loro colori sugli orti abbandonati, e non dimenticò mai la sua umile tristezza. E, a misura che dipingeva, si liberava dalla paura di vedersi solo, murato nella sua orfana condizione d'uomo.
Per anni e giornate, i suoi quadri, come i quartieri di una popolazione innocente e dimessa, glie fecero compagnia. anche quando uscirono dal suo studio per portare nelle case del mondo la grazia di una Parigi perduta, essi continuarono a stare con lui, accanto al calore del suo cuore: vicino alle lacrime che mai uscirono dai suoi occhi. Furono le care ombre di un Paradiso perduto, ove Utrillo, ritornato fanciullo, andava a passeggiare durante le ore della sua terrena disperazione.
Marino Piazzolla