Studi » Dario Bellezza: Settimino clandestino
"Ogni poesia è misteriosa; nessuno sa interamente cosa gli è stato concesso di scrivere" (Jorge Louis Borges).
Il destino dei poeti autentici è difficile, tortuoso, sempre precario. I poeti sono sputi che fendono la nebbia del vivere quotidiano, offrendo un labile sostegno a chi accetta d'afferrarlo, poi subito scompaiono, si dileguano perché: "Oggi è prigione il muoversi. Ma reca l'ala del respiro, / Forse non più barriere c'è tra il sogno fatto / E l'incubo del mondo, in cui si aliena il fiato / D'ora in ora. Ormai tutti sconfitti..." .
Marino Piazzolla, viaggiatore attento e puntiglioso in questo magnifico ma anche tragico secolo, con le sue guerre e le sue rivoluzioni politiche e scientifiche, è un poeta che attraverso il frammento giunge immediatamente al cuore del problema generale: "Dio forse è questo luogo in uno sguardo / Pieno d'un tempo fermo".
Nato nell'assolata Puglia nel 1910 emigra a Parigi già negli anni Trenta, un momento in cui la metropoli francese e tutta un pullulare di movimenti artistici e poetici. Tornato poi in Italia, si stabilisce a Roma dove vive fino alla sua dipartita che avviene nel 1985. Dunque Marino Piazzolla è un figlio , eppure come poeta non è facilmente accomunabile alle maggiori poetiche del novecento: non si rifà alla linea ingenua, non aderisce neppure ai puristi, non è uno sperimentalista, non è un avanguardista forse possiamo avvicinarlo, per difetto, alla zona lirica anche se il suo lirismo è molto controllato e sprofondato nella solttudine. Sì, perché Marino Piazzolla pur avendo per l'amicizia una specie di venerazione e pur essendo amico: di Gide, Valéry, Eluard, Breton, Cardarelli, Govoni, Falqui..., era persona schiva e solitaria. È Giacinto Spagnoletti a ricordarcelo: "Piazzolla non era soltanto scrittore generoso; nella cerchia dei transfughi e dei mistici a cui apparteneva, di fatto godeva di una caratteristica sua propria: sapendo di non poter contare sull'aiuto di nessuno, agiva sempre seguendo un istinto profondo: cercare nell'amicizia il conforto supremo".
Del resto Piazzolla indaga, esplora, fruga tutti i sentimenti veri: amore, amicizia, gelosia... La sua poesia è intrisa di passioni forti. Con intensità straziante l'esterno investe il poeta, il quale immette stilla pagina in fiotti: sensazioni e tremori, paure e sussurri, comefossero note d'una sinfonia naturale.
Attesto che riscoprire questo genuino poeta non è solo un gesto riparatore, ma un'azione morale e politica, nel suo significato più recondito, ovviamente. Ridargli il suo spazio è una iniziativa dovuta alla poesia e a tutti coloro che la rispettano e che la amano. "L 'omaggio " a Marino Piazzolla mi ha coinvolto, i versi del poeta mi hanno preso nelle loro dolci spire e non sono riuscito a liberarmene fino all'ultima parola. La forza di quest'opera sta nell'affondare le proprie radici nel drammatico groviglio del vivere, fino a seguire tale labirinto nelle ramificazioni più ardue e dolorose per lo spirito dell'uomo. Il poeta si presenta con sferzante ironia: " Sono un settimino clandestino", e ancora "Da casa me ne andai / con l'umido nelle tasche / e una viola all'occhiello", dichiara così la sua poetica:
"Porto a spasso la vita". Nella poesia di Piazzolla troviamo echi dell'Ottocento francese, ma anche Apollinaire con le sue tematiche sul moderno, sentiamo l'influsso di Leopardi e il ritmo di Valéry, intuiamo i crepuscolarismi cardarelliani ma anche le cesure tipiche di Dino Campana. Ma con colpi d'ala continui Marino Piazzolla personalizza ogni verso. La Parola è poggiata su una intelaiatura classica e il verso libero è usato come spartiacque. La lingua, spesso spoglia, è sempre altamente incisiva. Il verbo lenisce taumaturgicamente la ferita, ma non può guarirla perché questa è connaturata all'essenza del vivere.
Marino Piazzolla si affaccia con il candore ora aggressivo ora disarmante di chi si cura poco delle scuole poetiche, lui scandaglia le frustrazioni dell'uomo di fronte agli eventi quotidiani, badando soprattutto al dolore e alla morte, in una specie di fatalismo postbaudeleriano. Ovviamente non è che il nostro autore non tenga presente la ricerca poetica, anzi è attentissimo al divenire della scrittura, ma non si ingabbia: è un solitario per scelta. È un pellegrino d'amore che si maschera dietro i vocaboli, ma le risposte alle sue profferte sono inadeguate, inappaganti, incomplete e così il poeta perlustra la memoria: " Sento la calma / dei giorni felici / Ma c'è il calore spento / Del primo autunno / E il tremolio dei vetri / Per ogni via". Dopo l'amore per la natura, per i piccoli sguardi e i cambiamenti quotidiani, c'è l'amore a due: "Amare è andare in due / Smarrire il tempo, / Fermarsi dove eterna / Soffia la brezza di Dio".
L'opera di Marino Piazzolla è disseminata di magnetismi amorosi, di aure di simpatia che risultano essere piccoli indispensabili pezzi del mosaico opera. Il percorso di conoscenza è ricondotto a un cammino interiore, soggettivo. Il lavoro dello scrittore, sia quello poetico che quello critico, è teso alla rivalutazione di quanto viene modernamente definito soggettivo, spesso sinonimo di poco affidabile. Per il nostro autore invece soggettivo significa creativo. Non è un caso che Piazzolla tratti i problemi fondamentali dell'esistenza, con tutte le implicazioni che comportano. E non è neppure incidentale che mostri l'uomo come un piccolo dio creatore. Creatore soprattutto del pensiero.
Dalla mente nascono i miti, gli archetipi delle forme viventi e in ognuna di esse possiamo riconoscere un volto che "Disceso nell'abisso della vita, stenta a ritrovarsi".
Il vero poeta sceglie la sua libertà nella scrittura ed è sempre una bellissima sorpresa accorgersi che anche in periodo di allineamento, c'è qualcuno disposto a stare ai margini: "Ho scelto la libertà d'essere / L 'ultimo dei poeti non di moda / Senza l'onere di servire da sciocco / Le vuote e sempre stupide ideologie". È meraviglioso scoprire che qualcuno è capace di correggere certi errori del moderno, riuscendo con la poesia a squarciare il velo: "Non v'è istante / Che nel silenzio non giunga / Tremore di rapida morte" dove però la morte è solo gesto estremo, silenzio, proprio come la poesia. L'" Omaggio "offre un 'ampia documentazione dei vari timbri poetici di Marino Pasquale Piazzolla.
La musicalità è spesso scarna, secca, ma tagliente, profonda. La cellula del verso si moltiplica e si espande nella visione d'insieme e, pur nella differenza e nella diversità, il nucleo di fondo del tono è sempre e comunque il dolore.
La poesia di Piazzolla è laica, in alcuni accenti, addirittura, sapienziale, eppure spesso viene voglia farne un uso religioso. Viene la tentazione di usarla come talismano. Trattasi insomma di un dono immenso che il lettore non può e non deve disperdere. Piazzolla sperimenta internamente al suo versificare un'acustica fatta di stridori e di accordi perfetti: "Ricordi e bruci / Con l'ombra che si distacca / E muore nella voce / Ad ogni stagione andata. / Un giorno ritornerai / E tua sarà la morte / La morte che si ripete". Lo specifico, o se si preferisce il mistero della poesia di Marino Piazzolla, può essere colto più facilmente nelle ultime composizioni, vedi "Viaggio nel silenzio di Dio" o "Il pianeta nero", che,sono legati con un filo di ferro a "Lettere della sposa demente" e che sono, secondo me, opere fondamentali di tutto il suo percorso artistico, percorso sempre in movimento. Gran parte della ricerca tecnica di Piazzolla si rivolge testardamente aforzare i limiti e le regole, ma senza mai cadere nello sperimentalismo fine a se stesso, nel gioco freddo e algido di troppa poesia novecentesca. Tutto il percorso letterario di Piazzolla dimostra egregiamente che la poesia è possibile oltre ogni sospetto, e la trasparenza ideologica può farsi trasparenza linguistica, come appunto succede in questo poeta schivo e solitario. Dobbiamo dunque essere grati a Velio Carratoni e alla Fondazione Piazzolla per averci restituito questa voce autentica.
Il corpus poetico dello scrittore induce, per la sua complessa valenza, ad un incontro attento e meditato con la creatività di Marino Piazzolla, un artista in continua lotta con la libertà e con il rigore e i cui prodotti poetici sono lame che lacerano l'anima del lettore.
Dario Bellezza