Opere » da Gli alfabeti misteriosi e tridimensionali di Salvatore Giunta
dalla presentazione al catalogo della mostra "Salvatore Giunta - opere dal '68 al '74" tenutasi presso la galleria "La Giara", Roma Marzo 1975
Anche certe sculture, collocate in uno spazio illuminato, hanno l'eleganza di l'ere e proprie lettere: caratteri di un alfabeto misterioso : una flora di segni magici e tridimensionali e a cui la immaginazione conferisce un ritmo e un nome. A volte sono invenzioni di bronzi, modellati a guisa di «Totem»: altre volte, la regola dell'inventiva, conferisce loro il significato di un «Feticcio», anonimo o addirittura residuo di un diluvio. Ne viene fuori un paesaggio che racchiude, nella durezza del metallo o del cemento, la severità del tempo : quel tempo in cui l'uomo, kafkianamente, o, per dirla con Marcuse, si è ridotto a una sola dimensione. Ma si tratta della dimensione inferiore, la quale troverà, nel «Totem» moderno, la tridimen-sionalità dello spazio per indicarci il grado di alienazione o di angoscia spirituale, dilagante con tutti i vapori di un vero e proprio inferno.
E' a questo punto che l'alfabeto, composto con bronzetti istoriati da una quasi gentile mania grafica, si lascia leggere e interpretare sia come documento che come traccia del tempo: una stagione terribile e tutta nostra. Giunta aggiunge di suo la premurosa inquietitudine che lo convince a servirsi dell'area inquinata, a noi circostante, come ricettacolo di mille diversi feticci. Il giovane scultore ha letto Mirko, Giacometti; ha visitato l'oltretomba dei negri; ha intravisto, in un limbo rugginoso, i Sumeri: nonché l'arte iniziatica delle isole cristallizzate, da secoli, in poche rocce o in geroglifici di corallo. E così il Totem, da essere identificazione di una sacralità lontanissima dai nostri progetti di automi, esprime il mostro che è in noi, messo dentro per spaccarci il cuore, che ci sopravvive come desolata umanità.
La tecnica, con la quale Giunta manipola poi i suoi feticci, rende possibile una riflessione sull'uomo d'oggi; e ci lascia anche persuasi a rimpiangere la dimensione perduta in un oceano di vanità. Ma non siamo ancora all'Apocalisse. Siamo comunque sospesi tra il giuoco consumato nei labirinti dello spazio e la prudenza che rende possibile l'identità tra l'uomo, dotato ancora di un'anima, e le cose che iniziano ad averne una, stando immobili nel loro silenzio.
Così questi «Totem», inseriti come personaggi spietati di una fiaba, o, meglio, di una «Allegoria» che conduce all'urlo o al soffocamento, sono la storia di tanti uomini ossificati nel tremore e nel timore di non oltrepassare il loro tempo, già divenuto disumano finanche per coloro che si salveranno. Nell'area della scultura d'oggi, Salvatore Giunta dispone cioè di un suo linguaggio che si va maturando in più direzioni e con risultati affatto circoscritti nell'ambito dell'esperimento. Le sue, anzi, sono sculture singolari, tipiche ed esprimono la ricerca di forme nuove e l'individuazione di uno stile aderente a un clima estetico di assoluta libertà creatrice.
Marino Piazzolla