Opere » Il sacro in Rouault
da La Fiera Letteraria, 17 Aprile 1960
Ogni qualvolta il sentimento tragico della vita si colloca al centro di una meditazione sull'Arte, si ha quasi sempre un ritorno alla visione cristiana del dolore e della morte: a quel sentire intenso che fa di un artista il testimone ardente di un mistero che non sarà mai definitivamente svelato. Ebbene, con Georges Rouault, la pittura moderna si carica di penombre e di bagliori sanguigni per farsi confessione, squarcio di tenebra di un mondo che sembra ricalcare il senso della colpa, ma si riscatta attraverso il sentimento dell'assoluto. Rouault ama e s'immedesima, fino a soffrire, colla vita. Avverte soprattutto la dimensione spirituale che lo lega al dolore di Cristo. La sua poetica è perciò eccezionale, e attinge costantemente dalla pietà la sua carica espressiva. Non si tratta di una rinunzia alle ricerche più sottili che sono tipiche della pittura moderna; ma si tratta innanzitutto di un ritorno al sacro, a quella religiosità dei nostri tempi, che è pur sempre difficile a cogliersi quanto più si adagia sopra una visione apparente delle cose. Rouault ha colto invece, e in modo pieno e plastico, la corruzione dell'uomo di oggi e, senza rifugiarsi in poetiche più o meno sibilline, si è ritirato nella solitudine, ha acceso il suo cuore innanzi alle verità cristiane e si è abbandonato a seguire Gesù lungo le strade, le bettole, i luoghi di dannazione che formano l'inferno della vita contemporanea. Con Gesù, anche la pittura ritorna ad : essere messaggio; s'illumina di un fulgore dimenticato; si solleva al di sopra di ogni dramma, facendosi essa stessa dramma.
« Gli artisti soggettivi sono guerci, ma quelli oggettivi sono ciechi. L'intellettualismo del XX secolo è una morfinomania cerebrale. Io non credo né a quello che posso toccare né a quello che posso vedere. Credo solo a quello che non posso vedere e che sento ». Credere in quel che si sente, ecco rintracciato l'impulso originario su cui si fonda la pittura di Rouault.
Un'arte alta e vissuta fino in fondo, come un mistero e come una vocazione sempre tesa, allarmata dalla presenza della carità e illuminata da una sorta di sensuale dolcezza bizantina. Le immagini di ' questo pittore sono infatti viste in fondo a una immobile notte — la notte dell'esistenza — e avvicinate alla luce per squarci, per frammenti, come i segni di quella antica tragedia che fu consumata da Gesù sul Golgota. A distanza di secoli, un segreto impeto di misticismo medioevale ricalca la nebbia del mondo moderno. Le parole dell'Evangelo diventano per Rouault i segni densi e | carnosi, a volte quasi insanguinati, del volto umano quale il vizio e la noia hanno sprofondato nella tenebra. Rouault sente il dolore e il peccato dal fondo del suo cristianesimo sofferto fino a una tenera ossessione. I colori che incidono meglio la sofferenza saranno quelli che daranno luce e buio, come in una vetrata, alle sue figure.
Ma sono figure non deformate esternamente, ma logorate nell'anima, come se volessero rivelare sulla tela vecchie piaghe, quel fuoco sepolto che si fa grido e pazienza, anelito alla grazia e terrena ossessione.
« Devo lavorare sempre, non per giungere a qualcosa di perfetto, che i pazzi ammirano, ma per dar meglio a intendere di giungere alla fine dell'imperfezionabile.
Quello che mi fa attribuire all'arte un valore così alto, è il fatto che nella vera opera d'arte c'è una ardente confessione: non dirò enfaticamente « un riflesso all'eterno », ma vorrei dirlo, per convincere di errore quelli che vedono soltanto uno sforzo completamente esteriore, un riflesso più o meno corretto di quello che hanno davanti agli occhi ».
Questo pittore dal tocco potente, che lotta con i colori, per dare ad essi una anima e uno squillo doloroso, aspira dunque alla rappresentazione di ciò che di sacro si nasconde nella vita dell'uomo. E' la poetica più dissonante che si sia avuta in un'epoca in cui la ricerca dell'arte si è limitata alle grandi e sterili rivoluzioni esteriori. Ma i quadri di Rouault sono quasi tutti dipinti in una sorta di buia solitudine, sentiti ed espressi con una materia che segue l'ansia del pittore lungo una discesa sempre più confessala, verso le voci della sofferenza. E' una pittura che stride quanto più incide il suo segno rosso e nero in uno spazio che sembra bruciato, con volti che si sollevano dalla terra con le tracce del sangue e delle radici; visioni che riflettono un incubo lucido e sofferto che cerca di fissarsi, come una suprema incisione di fuoco, sulla terra degli uomini. « Il mio linguaggio pittorico e indesiderato, fatto di tutti dialetti più miserabili, volgare e talora sottile, come nel fondo del vasaio talora si fondono e si scindono elementi contrari. La pittura è per me un mezzo per dimenticare la vita, un grido nella notte, un singhiozzo represso, un riso soffocato ».
Con queste parole, Rouault si spiega a Se stesso e c'illumina sulla sua pittura, così palesemente devastata da una profonda esigenza di solitudine e di meditazioni.
Vedere i suoi colori, densi e fulminati, si dimentica subito ogni finezza armoniosa e si apprezza la violenza delle passioni contratte, la remota vita della carne e del sangue, il tumulto del cuore lasciato solo in un deserto ad attendere Cristo staccato dalla Croce e seguito soltanto dalle sue piaghe e dal suo volto definitivamente aperto a una infinita pietà.
E Rouault dirà a se stesso, come se volesse chiarire meglio il suo segreto. « Io sono il silenzioso amico di coloro che soffrono nella pianura deserta. Sono l'erede dell'eterna miseria che si aggrappa al muro lebbroso dietro il quale l'umanità che si ribella cela i suoi vizi e le sue virtù. Come Cristiano credo a Gesù sulla Croce ».
Ecco quindi, il fondo di un'arte che si è fatto messaggio in un tempo di inimmaginabili crimini e di tediose macchinazioni antiumane. In questo deserto c'è ancora un artista, un uomo che si ricorda del figlio dell'uomo, e riempie la sua pittura di un vecchio ardore, come se cercasse nella violenza di colori deformati ma palpitanti quello infinito che è in fondo al peccato e, in alto, nella sola luce della Grazia.
« Non esiste qualcosa come l'arte decorativa, ma soltanto l' arte, intima, eroica o epica. Siamo molto lontani dai pittori di affreschi del passato, accanto ai quali spesso appariamo così piccoli... ».
Nella pittura contemporanea, così contraddittoria, ricca di poetiche estrose ed evasive, Georges Rouault sta e sé. isolato come una roccia, quasi come un santuario rovinato già dal tempo, ma pieno di echi dolorosi. L'amore per la 'trascendenza, che permette all'uomo di scendere nel proprio abisso e permette panche ad un artista di salire verso la verità, ha aiutato Rouault a farsi interprete di un dramma che si è fatto silenzioso e profondo come la più umana delle leggende. Credere a Gesù sulla Croce significa per Rouault credere nell'uomo che si danna e si redime anche se la tenebra dovrà per lungo tempo tenerlo come l'unico prigioniero consapevole di vivere per capire.
Marino Piazzolla