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da "LA FIERA LETTERARIA", Roma 14/8/1960
" Le favole di Dio mi sembrano un libro di vera poesia, uno di quei pochissimi che sento e che mi rileggerò. Fatto per me ormai raro, data la mia quasi sordità a troppe nuove voci".
Camillo Sbarbaro
Nella sua prefazione a Il mattutino delle tenebre: "Le lettere della sposa demente e Esilio sull'Himalaya sono stupende, magiche, indistruttibili visioni che stanno fra la realtà e l'irrealtà, l'aria e il paesaggio, la natura e il sogno, ma dense di corporale magia, quasi di tonalità omerico-virgiliana, come di anime substanziate di terrena angoscia e volatilizzate in una atmosfera di Campi Elisi".
Giuseppe Villaroel
"Il mattutino delle tenebre è una poesia meravigliosa, una poesia che se fosse stata scritta da uno di quei poeti che oggi vanno per la maggiore, avrebbero gridato al miracolo. Ma l'hai scritta tu, caro Marino, e resta miracolo per me. Se tu me l'avessi data a suo tempo, l'avrei messa al posto d'onore della mia antologia, da 5. Francesco ai poeti d'oggi".
Corrado Govoni
"Se io avessi potuto parlare con voi, vi avrei detto con quanto interesse ho letto le vostre poesie in francese, e come mi hanno colpito per la conoscenza profonda della lingua francese che, in esse, voi dimostrate".
Jean Paul Sartre
In Pietà della notte hai trovato un tono così giusto di discorso che tutte le tue qualità di percezione e di pensiero si integrano e si snodano con profonda naturalezza. E una bella conquista e dovrebbe fare impressione anche in mezzo al bailamme sperimentalista: Me lo auguro per te e per tutti, caro Piazzolla. E mentre io tornerò spesso a riaprire il tuo libro, ricordati del tuo Mario Luzi".
Mario Luzi
"Spira dalla Sua poesia quel senso favoloso che non può mai mancare in un poeta, e soprattutto quella pronunzia che ne stabilisce l'originalità. Nelle Lettere della sposa demente, Ella vanta un genere di poesia ben singolare, e interamente Suo. Mi sembra anzi che in esse si trovi il fulcro, il centro fondamentale della Sua ispirazione".
Carlo Betocchi
"Tutto è venuto dal Sud: la civiltà e la poesia, la religione e la morte.
Nella poesia di Marino Piazzolla si respira quest'aria di civiltà, così antica da aver dimenticato origine e svolgimento: una tristezza illenibile e composta nell'ordine d'un canto d'amore; canti d'amore scritti sul rovescio di papiri funebri e folli.
Certe parole che sembrano più fare "realtà" sono nella sua pagina evocazioni miracolose, primigenie e già fuori della storia.
L'elegia gli è consona, gli è proprio il canto modulato in cadenze da coro greco: e nel suo Sud di luce e di morte non è più possibile il grido, là dove tutto è scontato, tutto è stato consumato, dove al viandante sembra, a volte, di partecipare all'eternità".
Pietro Cimatti
"La poesia di questo giovane poeta italiano, gustata leggendo il mito Pèrsite e Melasia, mi è parsa inventata ed espressa con quella patetica innocenza con cui i lirici greci inventavano i loro bellissimi canti".
André Gide
"... Ieri rileggevo i tuoi Poemetti e Il mattutino delle tenebre ed ero, ancora una volta!, rapito dalla forza, dalla diversità e dall'impasto del tuo lirismo che, ad ogni lettura, attinge a una intensità e a dei prolungamenti imprevedibili!
In questa epoca in cui l'arte e la poesia non si concepiscono più che deliberatamente inconsistenti (fragili), tu hai stabilito un'operazione di un'autenticità esemplare, di una originalità profonda - e non di apparenza, come lo fanno tutti - e di una veracità umana realmente ammirevole! Nella poesia europea di oggi, io non vedo nulla che possa avvicinarsi anche di lontano".
René Méjean
"Come una lunga straziante elegia, tutto il poemetto (Lettere della Sposa demente), con sobria e trasparente emozione, si distende lungo un infinito colore grigio: come di una pioggia perpetua che cada sulle tombe dimenticate, sui ricordi che straziano, sulle illusioni e sui cari fantasmi che lanciano il loro addio alla vita... Ogni verso è una fuga e una melodia, soffuse di una irripetibile grazia malinconica".
Emilio Cecchi
"Quale fu la traiettoria compiuta dal Piazzolla? Nelle Elegie Doriche s'incontra veramente, come già detto da Gide, la greca e felice brevità dell'epigramma antico: semplicità, immediatezza e fanciullesca lievità di visione costituiscono il dono più evidente di queste poesie".
Piero Dallamano
"Nuclei segretamente riconducibili a una greca essenzialità... soprattutto moderno, in quanto in esso rivive e si decanta la ricca esperienza della poesia del nostro tempo".
Francesco Flora
da "FERMENTI", nn. 98-109, 1980
Questo libro potrebbe rimanere tra le poche opere importanti della poesia italiana del Novecento. Ci sembra che non si debba aggiungere altro.
Giuseppe Marchetti, "La Gazzetta di Parma"
Sugli occhi e per sempre è un'opera che mi ha colpito profondamente. Dico un'opera, non un semplice libro (o una semplice raccolta), perché davvero ha il respiro del poema.
Non sono un critico, e quindi non so dirti in termini critici le ragioni che mi rendono così care queste tue pagine.
Quanta ricchezza e levità di immagini, di invenzioni, di continue illuminazioni e trascolorazioni. La tua fantasia - come la Natura - è inesauribile; e ammirevole è la trasparenza di ogni tuo verso (aria e luce), che entra nell'animo (carne e spirito) per restarvi.
Leggendoti sembra di entrare in un bosco di continuo stormente, con le sue continue sorprese di luci e di ombre. O, anche, sembra di ascoltare un'antica sinfonia, coi suoi bassi profondi e i suoi deliranti acuti, dove la molteplicità e complessità della strumentazione non fa che mettere in risalto, sostenendola, la varietà e agilità della melodia.
Non sembri nemmeno un poeta italiano, tanto sei lontano dalle attuali mode o maniere. Semmai, assomigli di più a un poeta immerso nell'ultima grande onda romantica, che tu riesci, quasi miracolosamente, a inserire con forza e con grazia in questo nostro "disastrato" presente.
Giorgio Caproni