Opere » da De Pisis, pittore-poeta
da "PERSONA", n. 11, novembre 1969
Io credo che su De Pisis sia stato già detto tutto quello che può mettere in evidenza un'arte così preziosa ed utile, una pittura sgorgata come una lunga lirica: meraviglia di un poeta pronto a cogliere le vibrazioni più delicate delle cose.
Stupenda, a tal proposito, è la monografia scritta da Guido Ballo ed edita, con eccezionale eleganza, dall'I.L.T.E. È un'opera che può considerarsi esauriente sotto ogni aspetto, una monografia magistrale per la ricchezza delle riproduzioni e la intelligente analisi dell'arte, della cultura e della poesia di De Pisis.
Ho detto poesia e cercherò, se mi sarà possibile, di metterla in evidenza nell'arte del nostro pittore, di cui ho potuto vedere una vasta rassegna alla Mostra Nazionale organizzata dal comune di Verona, presentata da Licisco Magagnato, Manlio Malbotta, Sandro Zanotto e diretta da un Comitato formato da Guido Ballo, Demetrio Bonuglia, Bona De Pisis, Giuseppe Marchiori e M. Valsecchi.
In ogni quadro di questo artista, le immagini sono fissate in uno spazio che vive, in virtù di una misteriosa metamorfosi, con le cose dipinte fino all'ultimo lampo di vita. Queste immagini sono come le strofe di una straziante elegia in cui vibrano simultaneamente la gioia, la bellezza e la morte. Si tratti di una rosa o di una lepre, di una piuma o di una farfalla, è sempre l'aria evocatrice che si adagia sulle loro forme e vibra nell'istante che le accoglie e le trasfigura. Questo pittore dipinge come se scrivesse, con l'impeto nella mano e la grazia negli occhi pronti a cogliere, di una figura umana o di un paesaggio (strada, piazza o laguna) il segno scattante e propizio, esattamente come se si trattasse di scrivere un verso con la freschezza di un colore che, morendo, vuole rivivere, con estrema gentilezza, tutta la sua carica emotiva.
De Pisis entra trepidante nella luce, si lascia avvolgere dalla visione, vive con gli oggetti, sa isolarli, sprofondarli nello spazio ed evocarli come fossero dei personaggi. Di qui il carattere metafisico e lirico delle sue nature morte, le quali sulle spiagge si ingigantiscono a misura che il mare, in fondo, le riempie di echi e di colori.
Egli, attento ad ogni mutamento della luce, 5 insinua con curiosità poetica nel particolare dell'oggetto e lo impasta con riflessi e colori indimenticabili. Li vediamo rilucere sulle squame delle aringhe, sulle corazze delle aragoste di fuoco, sulle penne delle pernici fulminate, sulle mele che dormono sulla loro ombra, sui delicati segni dei suoi nudi.
Ed ecco uscire da uno spazio di meriggio favoloso la tavola fatata dove il vino vibra nel cristallo, accanto a una conchiglia che, mentre si ascolta, si copre di patine impreviste.
Ed ogni tocco di rosso, o di bianco, di marrone o di nero resta sull'oggetto come una luce straziata; e allora sorgono dal vaso che trema i fiori con tutta la loro freschezza e la loro perfidia effimera. De Pisis sa che ogni petalo è una parola della terra, una nota che occorre isolare, e far vibrare anche se dall'insieme delle corolle scaturiscono colori più accesi che silenziosi.
La sua pittura è infatti trepidazione e amore dell'oggetto seguito fin nei particolari piu insignificanti; e così acquistano rilievo le piccole cose, gli angoli trascurati, vecchi spartiti di musica, pipe, fogli di carta gialla, lucerne, caffettiere collocate in penombra, una vecchia poltrona che sogna, foglie che volano, alberi che attendono, tremando.
E queste umili sopravvivenze del tempo sembrano che lo chiamino dal loro abisso per farsi collocare in colori magici, come se il colore fosse una seconda misteriosa vita.
La poesia di questo pittore sta proprio in una costante attenzione per tutto ciò che l'occhio afferra nei suoi veloci viaggi tra le cose e la luce. E lo aiuta la memoria del sole, il rigore del tempo che si fa presente e presenza: evocazione del sacro nel quotidiano che sfugge e lascia il cuore nella bellezza.
De Pisis è il pittore che esaspera e polverizza, senza per ciò essere un decadente, l'ultima stagione dell'Impressionismo. Anzi, è proprio lui a dare all'Impressionismo il tono di una morte senza solennità, la musica che fa riemergere gli oggetti ad una nuova vita, a uno splendore.
Ogni suo quadro, perciò, si fa ricordare proprio in virtù della sua carica poetica, la quale scoppia in una forza pittorica di altissimo valore.
E, in verità, nessun pittore italiano contemporaneo ha tanto prestigio lirico ed umano insieme; e nessuno meglio di lui ha saputo bruciare la cultura in una così drammatica vicenda plastica, dove la sensibilità moderna, più che vissuta dall'intelletto, è macerata da un meraviglioso amore per la vita, che si fa realtà nel segno memorabile, dove le cose tornano a sognare nei colori, nella luce di un ritrovato sortilegio che ci distanzia dalla morte.