Studi » Giuseppe De Marco: recensione a Omaggio a Marino Piazzolla
dalla rivista Fermenti n. 209
È un'opera monumentale, divisa in due ponderosi volumi, il primo di Antologia, il secondo di Critica. Il primo contiene una Nota del curatore, Velio Carratoni, nella quale si rilevano i criteri e le motivazioni di questo Omaggio: una Premessa di Giacinto Spagnoletti; un'ampia e succosa Introduzione (pp. 11-22) di Alberto Frattini, cui seguono le notizie biografiche del Piazzolla.
L'Antologia è strutturata nelle seguenti sezioni: Il poeta (pp. 33-232); Il critico letterario (pp. 235-259); Il Francesista (pp. 263-306); Il Polemista (pp. 309-347); Il Critico d'Arte (pp. 351-366). La Critica, invece, è sustanziata dalle seguenti parti: Prefazioni (pp. 385-481); Testimonianze critiche (pp. 489-493); Critiche (pp. 494-582); Lettere (pp. 589-597); Piazzolla oggi (pp. 601-663); Testimonianze sull'uomo e il personaggio (pp. 667-697); II pittore-disegnatore (pp. 701-713); Interviste e autopresentazioni (pp. 717-735); Bibliografia (pp. 739-749); Aggiornamenti e integrazioni (pp. 750-756).
"Quest'opera vuol essere, oltre ad un 'omaggio', un risarcimento, nella storia della nostra letteratura, al poeta Marino Piazzolla" (p. 11), così Alberto Frattini nell'incipit alla sua Introduzione. È doveroso ricordare, al riguardo, come proprio Frattini sia stato il primo critico della poesia di Piazzolla nell'anno accademico 1965-1966, in occasione di un corso universitario, il cui titolo suonava "La giovane poesia italiana nel dopoguerra — 1945-1960", confluito, poi, in Poesia nuova in Italia fra ermetismo e neoavanguardia, Roma, Ausonia, 1966. Pertanto, si può felicemente affermare che il critico ha mantenuto al poeta di San Ferdinando di Puglia "una lunga fedeltà" — per usare una nota espressione di sapore continuano nei riguardi di Montale — testimoniata dai continui interventi su riviste e periodici, apparsi nel corso di questi anni.
Nella svariata raccolta delle opere piazzolliane, quanto mai significativa, è possibile notare lo stile vario e geniale del Nostro, come è stato dimostrato già in precedenza, e precisamente nel 1981, con Testimonianze per Marino Piazzolla, Roma, Edizioni Fermenti, un denso apporto di affermazioni critiche decorato dalle sue opere.
Ora, in questo Omaggio, dal quale si ricavano ulteriori dettagli circa la poetica del Piazzolla, è la sezione dedicata alle Prefazioni. A questo notevole quadro di 'commenti' e opinioni vanno, poi, aggiunte le valutazioni di molti dei più rappresentativi poeti e critici italiani, da Corrado Govoni a Camillo Sbarbato, da Francesco Flora e Ferruccio Ulivi, per citarne solo alcuni.
Per quanto concerne i rapporti con gli altri e le 'autoillustrazioni', il poeta si è tenuto sempre sulle difensive, tanto che non poche volte è stato soggetto di contraddizioni.
Sottolineano ancora la sua preparazione e la sua poetica, i numerosi interventi critici sulla poesia italiana. È stato oggetto della sua attenzione un numero consistente di poeti italiani e francesi: da Dante a Leopardi a Marinetti; da Baudelaire a Mallarmè; da Valéry ad Apollinaire, senza porre da parte i nostri novecentisti, quali Govoni, Ungaretti, Cardarelli, Quasimodo, i giovani Risi, Frattini, i meridionali F. Costabile e C. Serricchio.
Sporadico risulta essere, invece, il suo interesse per la narrativa in genere: privilegiati nel corso delle sue indagini sono stati Giuseppe Marotta e Alberto Moravia, i cui romanzi rappresentano un misto tra invenzione e follia.
Nella rivista "Punto interrogativo" (gennaio-febb. 1977), nel testo La cultura che ha fallito, Piazzolla, dopo un intenso periodo di collaborazione coi maggiori quotidiani degli anni Cinquanta e Sessanta, intendeva provocare la cultura italiana, facendo risaltare la sua poca autonomia per causa della mentalità chiusa dell'intera penisola.
Particolare interesse, invece, dimostrò per la cultura francese, facilitato dall'ottima conoscenza della lingua e della letteratura, riverberato in maniera esplicita nelle sue recensioni sugli artisti d'oltralpe.
È importante, ora, soffermarsi sulla poesia piazzollana, con riguardo particolare ad alcuni critici. Tra i primi, ancora Alberto Frattini, che, nel saggio Lirismo ontologico e riflessione
etico-religiosa nella creatività poetica di Piazzolla ci guida, con abile regia, in un ideale percorso all'interno della continua trasformazione poetica del Nostro. Segue in questa rassegna A. Motta, il quale attraverso un esame approfondito coglie in Horizons Perdus la tendenza del Piazzolla a talune suggestioni di Valéry, mentre in Caravanes si evidenziano l'amicizia e la memoria, quale testimonianza della sua propensione elegiaco-personale.
Maggior rilievo, all'esordio del poeta, riveste il componimento "Pérsite e Melasia" (1938), in forma dialogica, che recupera aspetti ed eroi squisitamente epici. Ma nel suo ideale iter lungo la vita del Piazzolla, Motta pone in risalto l'influenza che il mondo classico ha avuto sul Nostro. Diversa è la matrice pascoliano-dannunziana nell'opera giovanile Ore bianche. Inoltre, in alcune poesie si avverte il peso leopardiano per alcuni riferimenti alla "follia" della vita.
Testimone, tra gli altri, della poesia del Piazzolla è in questo Omaggio G.B. Bronzini. Nel suo saggio egli anticipa alcuni aspetti che il poeta pugliese svilupperà in seguito nelle sue poesie ed in particolare in Lettere della sposa demente, nella quale lo studioso intravede anche un'ascendenza "pirandelliana" con una punta di fantasia.
L'itinerario di Marino Piazzolla, misterioso e intenso, secondo il quale lo spirito risulta essere attirato da un'entità mitica e, nel contempo, sacra, sortirà esiti felici in Esilio sull'Himalaya (1953) e, successivamente, in Gli occhi di Orfeo (1964).
Infine, degni di attenzione i contributi di D. Giancane e M. Dell'Aquila.
Per quanto riguarda le opere di maggiore importanza di Piazzolla, va segnalato II pianeta nero, che segue Gli occhi e per sempre e che fu pubblicato alla vigilia della sua morte dalla Casa Editrice Fermenti, a cura di Velio Carratoni. Il pianeta nero, come — a buona ragione — scrive Frattini, risulta essere "l'opera più incisiva e drammatica di Marino e può considerarsi un testamento esistenziale oltre che poetico".
Al fondo, Marino Piazzolla è e continuerà ad essere un artista poliedrico da indagare e da scoprire compiutamente, anche se, forse, per i più sarà oggetto di curiosità spinti dalla sua creatività.
Giuseppe De Marco