Studi » Antonella Calzolari: Lirismo impegnato
Nell'ambito di un 'analisi complessiva dei segni lasciati "sul campo" della letteratura da parte di Piazzolla, analisi che allo stesso tempo rimane pur sempre "in fieri", la ricerca che ho tentato di realizzare è stata quella di riconsiderare 1 'atteggiamento poetico di Marino Piazzolla e di ascrivere in particolare il suo lirismo non tanto ad una condizione di disimpegno o di astrazione dalle problematiche civili in un 'epoca in cui tale condizione era di gran lunga superata, quanto ad una predisposizione che lo stesso scrittore denunciava.
Il suo "lirismo impegnato", per così dire, fu la risposta ad una crisi culturale frutto di una crisi politica ed insieme la modalità di rinnovare una visione innocente, ma non per questo assente, della poesia.
Sono particolarmente lieta di essere stata invitata a prendere parte a questa manifestazione sia perché ho avuto modo di conoscere la poesia di Marino Piazzolla in occasione di un mio lavoro di ricerca svolto per conto della Fondazione omonima, sia perché Piazzolla rappresenta il prototipo dell'intellettuale non integrato nel senso concreto del termine: non dunque in seguito ad un atteggiamento falsamente "altemativo" ma per essere stato lasciato ai margini da un mondo culturale che spesso scambia la cultura con il privilegio.
Nel mio studio su Piazzolla ho cercato di mettere in luce la necessità di rivalutare il poeta, ottusamente tacciato di disimpegno, schiacciato, come fu,in un periodo storico-letterario a cavallo tra post-ermetismo e neorealismo, per essere stato cultore del lirismo. Credo sia fondamentale analizzare le parole di Piazzolla per rendersi conto di cosa abbia voluto dire essere lirico per lui e per scoprire come il suo lirismo non voglia affatto significare mancanza di impegno. Questo è ben evidente in uno dei suoi testi migliori, Lettere della sposa demente, ora ripubblicato dalle edizioni Fermenti con una acuta introduzione di Emerico Giachery.
Ha dichiarato Marino Piazzolla: "Ho scelto la poesia lirica non per mia volontà, ma perché penso di essere stato scelto da un flusso misterioso che mi fa essere quel che sono in poesia." Tale affermazione di principio traccia una linea programmatica lungo la quale si snoda l'intero percorso letterario del poeta, in cui il mistero della parola lirica va ad intersecarsi continuamente con la ricerca di un appiglio che permetta di risalire l'aspra collina della conoscenza.
È in questa direzione che il processo spiccatamente artistico di Piazzolla si delinea come intensa presa di posizione, in una visione della realtà che fa coesistere il privato ed il collettivo, l'interiorità e 1' esteriorità, il ripiegamento intimistico e l'impegno. Commentando l'intervista fatta a Renato Guttuso dice Piazzolla a proposito di Vittorini: "Se Vittorini optò per la 'ragione poetica', la quale è senza dubbio una ragione profondamente politica, fu perché scopri, intui per istinto o per sapienza, che in Italia il problema politico numero uno e il problema della cultura. (...)E la cultura di questi anni è fallita per la semplice ragione che non c'è mai stata cultura. Il compromesso, la demagogia, l'arte di propaganda, l'arrivismo, il potere, i soldi, il privilegio; i premi, il narcisismo di tanti premiati e osannati non è cultura ma è bivacco".
Nella sua fin troppo dura sferzata contro coloro che ritiene responsabili del vuoto culturale, Piazzolla individua i motivi fondamentali della crisi politica in atto, che è prima di tutto crisi della cultura, poiché quest'ultima deve cessare di essere sinonimo di privilegio e di lontananza per diventare pane quotidiano alla portata di tutti. In questo senso per Piazzolla potremmo parlare di lirismo come approccio personale ad un materiale poetico che si sostanzia di passioni reali, che contiene una sorta di razionalismo irrazionale in quanto ogni scelta, che in fondo per l'uomo è sempre forzata, se si considera la sua contingenza, si riconferma prettamente tale proprio nella presa di coscienza della sua ineluttabilità. Su questa linea la caratteristica che sembra più di altre contraddistinguere Piazzolla è la presenza del pathos quale modalità di inserimento nel flusso vitale e di conseguenza quale forma di percezione anche della dimensione collettiva della vita stessa. Piazzolla aderisce alla poesia ed alla vita con un'emozione partecipata che gli impedisce di trasformare la sua tensione lirica in un mero fatto privato, in quanto quel lirismo si nutre della passione verso l'altro da sé, considerato sia come "individuo altro" che come "luogo altro". Su questo punto la riflessione critica è stata molto attenta giacché l'aspirazione all'altrove, all'assoluto e al diverso proprio perché altro, comporta una concezione sovratemporale che va ad influenzare tutta la filosofia di Piazzolla. E così come la ricerca temporale conduce verso l'assoluto, la ricerca spaziale porta al trascendente, luogo letterario e sacro dove il poeta scopre la sintesi tra dimensione umana ed espressione artistica.
A guidare il processo è una predisposizione all'innocenza che rende meraviglioso tutto ciò che è, che esiste. Vivere è una continua scoperta, una sorpresa che si rinnova e che approda spesso al dolore, provocato dall' allontanamento, fisico o metafisico, dall'oggetto di questa stessa scoperta.
Ripercorrendo Lettere della sposa demente si incontrano molti dei luoghi caratteristici della più genuina produzione poetica piazzolliana. Intanto l'innocenza, che si lega alla natura come luogo privo di sovrastrutture e che in sostanza altro non è se non uno stato imprescindibile di captazione dell' illusione e del mistero. E da questo stato di innocenza che si dipana il gomitolo dei sentimenti amorosi trasmessi al fantasmatico amante delle lettere della demente. Paolo Marletta in un articolo apparso il 5/10/1952 su La Fiera Letteraria definiva l'opera come "...una serie di brani lirici raffinatissimi intessuti sopra un'organica trama di sentimenti". E Giacinto Spagnoletti parlando di Piazzolla delinea il suo stato d'animo come '...legato a quell'incantesimo del sacrificio, che non è gratificazione ma sentimento della comunione". Tale desiderio di appartenenza ètalmente forte nella sposa che essa arriva ad auto-annullarsi pur di avvicinare, ovvero materializzare l'amante.
Nel vagheggiamento del sogno d'amore la rincorsa continua dell'amante si conclude con uno sprofondamento della demente nella sua immagine, in cui si accende per un momento un bagliore di veridicità. Lo stato di completo assoggettamento della sposa non si trasforma comunque mai in rinuncia alla propria personalità se pensiamo che è pur sempre lei a tenere i fili del gioco, perché se è vero che essa appartiene all' amato, è altrettanto vero che quest'ultimo esiste solo nella sua immaginazione ed è quindi a sua volta dentro di lei.
La consapevolezza si impone alla coscienza della demente quando, finalmente, essa ritrova in sé l'essenza stessa dell'amore:
"Amare è andare in due,
Smarrire il tempo,
Fermarsi dove, eterna,
Soffia la brezza di Dio.
È scoprirsi innocenti
Al tocco delle dita
Che nascono ogni giorno".
Gli ingredienti sono ancora gli stessi: negazione della temporalità ed esaltazione dell' innocenza, ed è proprio da essi che il discorso lirico di Piazzolla si dipana. Il fatto che nella poesia di Piazzolla manchi qualsiasi compiacimento letterario è il segnale forse più evidente che per il poeta essere lirico è ben lungi dal voler essere in qualche modo sentimentale, piuttosto il suo lirismo si configura come espressione di uno stato originario di innocenza, appunto, che interpreta soggettivamente, ovvero direttamente, la realtà esterna. Ecco allora che anche il soggettivismo della poesia lirica passa nettamente in seconda linea per far risaltare una concezione socio-culturale in cui il soggettivo diventa continuamente oggettivo e viceversa, nella convinzione che l'uomo, in quanto individuo e in quanto personaggio letterario, altro non sia se non il portatore ed il difensore di una condizione di libertà che si mantiene tale fin tanto che sentimento, cultura e storia trapassano incessantemente gli uni negli altri. Scrive Piazzolla: "La storia è la realtà tragica dello spazio: la dialettica di ciò che è natura e umanità in un intreccio che schiaccia tutte le qualità dell'uomo solo.(...) Con la storia si apre il ciclo della vita pubblica. L'uomo che tenta di ignorare la storia è un folle". Fin qui troviamo espressa l'indissolubilità di un rapporto costante tra natura e umanità quale origine della storia intesa come affermazione della dimensione pubblica dell'uomo.
Ma poi Piazzolla arriva a chiarire completamente la necessaria commistione tra storia e natura, tra pubblico e privato e quindi tra oggettività e soggettività.
"Soltanto quando si è ricchi della dimensione temporale, quando cioè si ascolta fino in fondo la tragicità della propria solitudine si può capire la storia. Se non fosse cosi egli non riassumerebbe ciò che cerca, l'ansia dell'uomo di passare dalla realtà pubblica alla realtà privata."
E il ragionamento di Piazzolla si conclude con tale affermazione: "Il genio non è mai un individualista".
Alla luce delle dichiarazioni del poeta anche un poema d'amore come potrebbe essere definito Lettere della sposa demente, acquista connotazioni plurime che si riferiscono non all'essere umano in quanto senziente passivo ma in quanto recettore e generatore insieme di energia vitale e di conoscenza.
Intesa in questo senso la tragicità della demente consiste, molto più che nella sua follia intrinseca, nella perdita di quella dimensione temporale che le potrebbe aprire le porte del mondo, facendola uscire dal proprio isolamento. Dallo screzio che si crea tra coscienza delle circostanze oggettivo-spaziali e quella del loro ritmo temporale nasce il dramma della demente che si rifugia in una dimensione "altra", fatta appunto di sospensione e di sogno.
È in quest'ottica che per Piazzolla si può parlare di lirismo civile e di impegno lirico considerati come due punti di partenza che affrontano, a seconda delle situazioni spirituali e della realtà, lo stesso problema fondamentale: la sensazione che l'uomo ha di "essere". Il sentimento dell'esistere comporta di per sé la necessità di attingere al lirico e al patetico perché al fondo di se stesso l'uomo ritrova l'uomo.
La stretta correlazione tra significato e significante, evidente in tutta la poesia di Piazzolla si collega direttamente alla riflessione critica sulla poesia lirica nel senso di poesia pura, piena di se stessa, del proprio modulo espressivo.
La scelta fonica della parola è per Piazzolla fondamentale e tanto più si sostanzia di valore artistico quanto più ci si avvicina al concetto piazzolliano della sacralità e della alogicità della poesia come della musica.
Scrive Piazzolla: "La poesia è per me alogica come la musica. Essa procede per salti e per trapassi come il tempo che, velocemente s'aggruma nel pensiero".
E ancora: "Il genio non può che lamentarsi o raccontare il pellegrinaggio dell'uomo intorno alla beatitudine di Dio. Poesia e Musica dicono questa sacralità".
In queste frasi il poeta chiarisce tutto il peso da lui dato alla parola, un'attenzione che costituisce uno dei fili conduttori della sua concezione letteraria e che lega tutta la sua produzione, accomunando ancora una volta il Piazzolla lirico al Piazzolla civile.
Per assurdo, si potrebbe affermare che sia proprio la ricerca minuziosa della parola "ad hoc" il punto di unione dell'intera esperienza poetica dell'autore. E in questa estrema elaborazione che l'elemento significante perde tutta la sua astrattezza per divenire "nucleo sacro poetico", essenza stessa della ricerca letteraria. Non quindi il gusto della musicalità lirica in sé, ma 1' appagamento della "parola ritrovata" quale unico segno in grado di far uscire dal recinto lirico-poetico il lirismo e di fornirlo di una patente di comunicabilità.
"Il vero poeta sceglie la sua libertà nella scrittura...", scrive Dario Bellezza riguardo a Piazzolla; la libertà della parola, questa è fondamentalmente la poesia di Piazzolla, se per parola si intende una conquista quotidiana e personale che fa sì che la realtà possa essere narrata.
Su questo binario Piazzolla si allinea alla tendenziale ricerca tecnica di tanta poesia novecentesca ma, come ricorda ancora Bellezza, "senza mai cadere nello sperimentalismo fine a se stesso, nel gioco freddo e algido".
Quello di Piazzolla è una sorta di petrarchismo impegnato, dove per impegno deve intendersi la capacità di affrontare il mondo con le armi della poesia.
La "guerra delle parole" si risolve nella sintesi tra natura e storia, ovvero tra 1 io e l'altro da sé, dalla quale sintesi nasce la cultura. E questa capacità affabulatoria, che distingue il poeta dal letterato e la cultura dal nozionismo, che fa di Piazzolla il "sacerdote" di una poesia che va considerata come rivelazione del mondo.
Antonella Calzolari