Opere » da Incontro con Archipenko
da "LA FIERA LETTERARIA", 9/6/1963
In occasione della mostra dello scultore russo Alexander Archipenko, mostra organizzata dall'Ente Premi Roma (Palazzo Barberini), abbiamo rivolto al celebre artista - senza dubbio uno dei più grandi scultori del nostro tempo - alcune domande sulla sua vita, sulle sue idee estetiche e sulla sua arte.
Archipenko, che è un uomo d'una semplicità straordinaria, un ucraino rude e pieno di una vitalità profonda, ha risposto volentieri alle nostre domande e, con acume e autentica convinzione, ci ha parlato, sia pure brevemente, della sua vita e della sua arte, di quell'arte che, come gli ha detto un suo ammiratore: "non lo fa maestro, ma elève de Dieu".
D. - Quando lasciò la Russia, sua patria d'origine?
R. - Nel 1908.
D. - Quale fu la città che scelse come sua dimora ideale?
R. - Parigi. In questa città ho avuto modo di lavorare liberamente e preparare le mostre nelle diverse città d'Europa: Ginevra, Zurigo, Praga, Berlino. Nel 1920 feci una mostra personale alla Biennale di Venezia. Fu in quella occasione che la marchesa Casati, famosa collezionista, acquistò una mia opera.
D. - A Parigi, quali artisti, poeti e scultori italiani conobbe durante il suo soggiorno?
R. - In quel tempo, conobbi personalmente molti artisti italiani, nella maggior parte futuristi: Soffici, Papini, Severini, Boccioni, Marinetti, Modigliani, Balla. Strinsi con loro rapporti di vera amicizia.
D. - Quale fu la tendenza artistica da lei condivisa in quell'epoca?
R. - Il Cubismo. Facevo parte del gruppo dei giovani che allora lottavano per imporre la nuova corrente artistica. Leger, Bracque, Picasso, Apollinaire.
D. - In che anno la sua prima mostra personale?
R. - Nel 1912, all'Osthaus museum in Hagen.
D. - Quali critici del tempo si occuparono della sua scultura?
R. - Herwart Walden. In Francia, Apollinaire, Roger Allard, Maurice Renold e Blaise Cendras. Theodor Daubler, Ardengo Soffici, Ivan Gol, L. Moholy, Nagy, Ulrich Geritz, Pierre Gueguen, Gedion, Welcken Michei Senplor, Hans Fuch, in altri paesi dell'Europa.
D. - Quali sono gli artisti che hanno subito la sua influenza?
R. - Boccioni, Zatkin, Lipehiz, Henri Moore, per parlare dei più celebri. Molti sono i giovani scultori che, in America e in Europa, si ispirano alla mia arte.
D. - Che pensa dell'arte europea contemporanea?
R. - Penso che c'è una reazione nei confronti dell'arte astratta. Secondo me, poche opere si salveranno. Il concetto di astrazione è stato usurpato da artisti privi di talento.
La nuova fase artistica si sta delineando, ma non ha ancora preso una fisionomia definitiva.
D. - Quali sono gli artisti pittori e scultori del nostro tempo che stima in modo particolare?
R. - Innanzitutto stimo gli artisti autentici, dotati di qualità creative, cioè quelli che inventano delle nuove combinazioni di forme e di colori e che creano un nuovo stile. Picasso, Bracque, Leger e altri, degni di stima.
D. - Crede fermamente nella modernità dell'arte?
R. - Sì. Per me, per esempio, gli Egizi sono eternamente moderni.
D. - In linea generale, quante mostre ha fatto fino ad oggi?
R. - Questa che ho fatto a Roma, al palazzo Barberini è la 129a esposizione. E posso dire che tutte le mie mostre hanno ottenuto un successo autentico di critica e sinceri consensi da parte del pubblico.
D. - Quali sono le fonti culturali delle sue ricerche e delle sue invenzioni plastiche?
R. - Per delle circostanze inesplicabili sono stato fatalmente costretto ad essere scultore. Ho detto inesplicabili, ma chiarisco meglio il mio pensiero. Secondo me ci sono degli individui che sono destinati a creare, altri che sono portati a imitare i creatori, altri individui, invece, che hanno la funzione di distruggere ciò che è stato creato e anche ciò che è stato imitato. La più grande difficoltà consiste nel combinare questi tre elementi.
Se si riesce, si crea qualcosa di veramente nuovo, altrimenti occorre avere il coraggio di distruggere tutto quello che anche nel passato non ha nulla a che vedere con l'arte. Occorre, dunque, utilizzare degli elementi artistici favorevoli e trovare una combinazione estetica e spirituale corretta, affinché si ottenga la verità assoluta nell'arte.
D. - Crede che gli artisti d'oggi si pongono dei problemi del genere?
R. - Sì. Soprattutto gli artisti creatori. E ce ne sono. L'essenziale è di avere la coscienza chiara delle forze creatrici della natura che sono nascoste nelle nostre cellule. Il genio è in comunicazione diretta colla natura. Questi uomini eccezionali, nei momenti di sincera meditazione, possono intuire le idee o i fatti che sono nel fondo della realtà. Platone credeva nella esistenza reale delle idee esistenti oltre lo spazio e il tempo. Ebbene l'artista comunica con queste realtà e le rende plastiche nella sua opera.
D. - Che pensa dell'arte informale?
R. - E una usurpazione: uno sfregio alla bellezza. A Parigi e in America si nota una reazione abbastanza notevole contro questa moda che non ha nulla a che vedere con l'arte.
D. - Quali sono state le critiche più penetranti provocate dalla sua scultura, quelle dei critici di professione o quelle dei poeti?
R. - Le une e le altre. Ma devo dire che i poeti sono andati più a fondo nello scoprire la mia scultura.
D. - Mi parli della scultura policroma, voglio dire della sua scultura più originale.
R. - Trovo che nella natura non esista nulla che non abbia forma e colore. L'una arricchisce l'altro. Questo, penso, sia il segreto elementare della scultura policroma. Sia la forma che il colore provocano delle emozioni segrete. Non trovo dunque la ragione per cui sarei costretto a separare la forma dal colore.
D. - E vi sono scultori che realizzano questa sua nuova forma plastica?
R. - Sì. Incominciò Boccioni quando venne a Parigi e vide le mie sculture. Oggi, in America, esistono molti giovani scultori che procedono in questo senso.
D. - Che impressione le ha suscitato la scoperta di Roma?
R. - Roma ha un'atmosfera di grande calma che si sprigiona dal suo passato fuso col ritmQ della vita moderna. Ed è naturale che quando dico moderno mi riferisco a un ritmo quasi travolgente. A Roma vi è inoltre un altro elemento che riempie la sua atmosfera, ed è lo spirito religioso. Questi tre elementi fanno di Roma una città originale: un luogo difficilmente dimenticabile.