Premio letterario "Feronia" - Città di Fiano

Sezione Fondazione Marino Piazzolla

Edizione 2007

 

Premiazione a Fiano Romano presso il Palazzo Ducale il 07/07/2007 alle 19.30

Vincitore:

Giuseppe Guglielmi

 

 

Foto della premiazione

Nella foto, da sinistra, Velio Carratoni e Massimo Raffaeli

 

Nella foto, Massimo Raffaeli

Nella foto la targa commemorativa del premio

La Fondazione Marino Piazzolla conferisce a Giuseppe Guglielmi
riconoscimento per l'originalissima ricerca poetica, meritevole di essere riproposta e per l'attività svolta come traduttore dal francese di opere tra le più rappresentative e coivolgenti.

Come uomo di cultura si distinse, per lo più, come organizzatore innovativo di sistemi bibliotecari, lasciando un'impronta nei metodi da seguire e approfondire.

 

Opera di Michele Cossyro donata alla famiglia di Giuseppe Guglielmi

"MEMORIA" (cm. 69x55,5, tempera e ceramica III fuoco)

Michele Cossyro, nasce a Pantelleria nel 1944, vive e lavora a Roma. E’ titolare alla cattedra di Decorazione presso l’Accademia di Belle Arti di Roma. Dal 1970 ha attuato 47 mostre personali e ha partecipato a numerose rassegne, collettive e mostre di prestigio in Italia e all’Estero. Il suo lavoro viene collocato dalla critica nell’ambito dell’Astrazione fenomenica. E’ stato invitato tre volte alla Quadriennale di Roma e alla Biennale di Venezia. Le sue opere sono presenti in Musei e Collezioni private di prestigio. E’ attivo nel campo dell’arte per l’architettura producendo sculture mosaici, vetrate, ceramiche e attraverso le sue ambientazioni, frantumazioni e disseminazioni crea nuovi spazi percettivi in cui interagiscono la pittura e la scultura.

 

"Su Michele Cossyro" di Lidia Reghini di Pontremoli

Esistono fili sottili, impercettibili, invisibili forse ai più, che legano le cose agli eventi. Alcuni incontri possiedono forse una parte di questa magia.
Appena oltrepassata la porta dello studio di un artista la sensazione è quella di trovarsi tra l'ovvietà più sconsolante o al contrario di ritrovare quelle parti che fanno riaffiorare impronte lasciate da un universo appena trascorso.
Nello studio di Michele Cossyro ho trovato e raccolto quei fili di passate esistenze, segno e sogno di una mitografia delle origini non costruita a forza sull'eccesso e la magniloquenza che è poi il gesto abnorme, malattia dello strafare contemporaneo. Non c'è ansia, non esiste affanno forse solo perché il cammino di Michele è già illuminato. Ho raccolto tra le parole e le figure quei fili nascosti, forti più di una rete di nassa, che raccordano il sogno di Icaro con il gesto del graphein che è atto primario e complanare di una scrittura delle origini. Ogni lavoro è come se si muovesse in un campo d'evacuazione instabile e per questo cerca nuove e praticabili vie di fuga dal discorso già detto, dall'oggetto già poggiato a parete. Lavori che solo per un attimo accettano di praticare il doppio gioco silenzioso d'un'esistenza inerte per poi muoversi con un sussulto che molto ha d'umano a sfidare la gravità terrena.

 

 

Soprattutto la scultura tende a travolgere il confine della forma, non accettando il suo ruolo "istituzionale" che la àncora, che la concepisce, come oggetto inerte sul muro. Oltrepassare la tridimensionalità significa per Cossyro avere ed offrire anche ad altri la possibilità di guardare oltre la materia. Guardare oltre come guardare attraverso i suoi strati, la sua stessa composizione organica.
Né intima né nostalgica questa scultura è pronta all'attacco, armata solo dell' innocenza delle proprie origini. Compirà un lungo viaggio, attraverserà il mondo o solo varcherà un suo confine, quella parte che noi chiamiamo "parete". [| rapporto con il muro è il sogno realizzato di un dialogo reciproco: il luogo prediletto dove l'oggetto "finito" potrà ulteriormente "rifinirsi"; e quei segni di interlocuzione non sono semplici tracce ma una sorta di doppia anima della scultura immersa in un apporto complesso con lo spazio ambientale.
Quel segno sottile ed esile tracciato come a voler recuperare per non dimenticare la grazia delle origini, quel segno duttile, apparentemente semplice ed implicitamente simbolico dell'infanzia altro non è che il prosieguo di un discorso scultoreo che oltrepassa la forma per arrivare all'essenzialità di un gesto che è parola disarmante. Sculture complici del segno che nel loro affiorare dichiarano il privilegio di essere, ovvero di "esistere" in un altro stato, forma eterea e rarefatta che vola alta sopra le consuetudini del linguaggio e dello stile, sopra le volgarità di un mondo già visto per restituire il sogno di Icaro, di colui che osa sfidare la gravità terrena solo per poter vivere nell'attimo di una luce solare.
Oltre Narciso. Significa per l'artista riuscire a rompere quel voto che è specchio referente per investire l'ambiente di un altro ruolo: non contenitore inerte ma vero e proprio teatro per lo sguardo.
Uno diverso dall'altro. Il lavoro di Cossyro chiude la porta in faccia alla serialità, alla ripetizione inerte di un tema o di un particolare e l'occhio/voyeur si addentra nella perlustrazione di quelle direttrici apparentemente analoghe ma realmente dissimulate. Queste sculture sono anime in volo, sospese. Anche il bronzo, materia materiata "pesante" è un oggetto vivo che non soffre ma anzi si offre ad essere toccato nelle sue forme. La scultura è anima pensante che riflette sullo stato differenziato delle sue parti. Come fossero parole di una frase. Il bronzo si apre e sinuosamente entra nel quotidiano di colui che osserva. Vuole essere toccato nella sua leggerezza aspra che non è effìmero ma permanenza, vera e propria architettura ambientale.
E' riduttivo considerare questi lavori come sculture leggendoli magari in una chiave di estrema linearità astrattiva. Ma dentro c'è il fuoco del vulcano. Sculture sonore: si ode qualcosa che urge e preme per uscire. E' il non accontentarsi di una sola visione del mondo. E' solo il pensiero forte di una materia scabra comunque sensuale che dal profondo affiora come intuizione di un'altra possibile via, di un differente rapporto con le cose e quindi con lo spazio e la prospettiva.
Scultura come pensiero, foglio sospeso, scrittura di un diario che si apre libero nell'aria e cerca contatti e relazioni umane.
Scavare dentro per andare oltre la scultura. Significa scansare la sua stessa fissità terrena creando bilanciamenti tra le dimensioni fisiche e psichiche del "leggero" e del "pesante". La ferita inferta da Fontana diviene linea sinuosa, antitragica ed antidrammatica, non ridondanza materica.
Dal Caos all'Omega. La classicità di Cossyro è rivoluzione ed assalto armato sovvertendo piani per poi ricostruire un mondo che è unità e coerenza di una scultura che è ponte, trait-d'union tra le inquietudini di un Occidente alla deriva e la spiritualità, che è leggerezza, dell'Oriente.
Una visione classica della scultura la trasmuta in metafora del viaggio, di un cammino in avanti, che non è sfida alla materia ma dialogo e confronto scovando sotto ogni piega della materia il recondito racconto di un'origine primigenia e collettiva, punto di incontro tra i differenti idiomi di una cultura mediterranea.
La scultura è l'anima inquieta che aleggia attorno a noi. Rimanda ad un altro sé senza affanni o reticenze proprio perché l'identità e l'unità sono certe. Qui la mano non conosce l'idolatria del facile effetto.
Il lavoro di Cossyro è proiettato oltre la fissità del progetto: segno che si muove libero e consapevole della propria Storia nella leggerezza dolce di non appartenere a nessuna deriva stilistica o culturalmente omologante.
Artista arcaico, forse antico quel Michele Cossyro. Artista ludico che ama il gioco ma non accetta la tragedia della farsa dell'arte. Ed è per questo che la sua scultura non è lingua morta.