Petrarca, il destino della lirica italiana
di LUIGI TALLARICO |
(da il "Secolo d'Italia" del 10 Marzo 2004) |
Negli ultimi mesi del 2003, una équipe guidata dal prof. Vito Terribile Wiel Martini dell'Università di Padova ha ripetuto l'esame (eseguito in passato sui presunti resti degli evangelisti Luca e
Matteo e così di Sant'Antonio da Padova) per dare un volto a Francesco Petrarca, nell'imminenza del settecentesimo anniversario della sua nascita, avvenuta ad Arezzo il 20 luglio del 1304. Attraverso gli esami al carbonio e l'uso del computer, «riusciremo a dare un volto al Petrarca - ha confermato il prof. Terribile Wiel Martini - scoprendo la sua vera statura, nonché le tracce delle malattie di cui ha sofferto».
«Comunque si giudichi questo genere di analisi - ha commentato Armando Torno sul "Corriere" - non si deve dimenticare che la morte merita sempre il nostro rispetto». Un «rispetto» col quale gli innumerevoli lettori del Canzoniere hanno accettato del Poeta, non tanto la sua identità fisiognomica, peraltro colta da pittori e scultori suoi contemporanei, quanto piuttosto quella interiore e irrefragabile della poesia. Alle cui immagini anche quel giorno il Poeta era intento, prima che un ictus spegnesse la «cosa mortale» della sua dinamica vitale: In quel momento infatti il poeta è dolorosamente pensoso, e lo esprime nei suoi versi, che Laura - simbolo insieme eterno e terreno -«con quella man che tanto desiai m'asciuga gli occhi».
In una lettera del Poeta, tra quelle riunite ne «Le famiglia-ri», viene affrontato il problema dell'identità e dell'impossibilità di imitare lo stile di un autore, anche perché la diversità emergerebbe in ogni caso, come del resto avviene tra padre e figlio, in cui la comune «aria di faccia» non sempre intimamente li identifica. Osservava infatti il Petrarca che i tratti individuali spesso ingannano, dal momento che «un'ombra, però, un'aria, come la chiamano i nostri pittori... produce quella somiglianza che ci richiama alla mente il padre non appena abbiamo visto il figlio, pur risultando diverse tutte le misure, se si facesse una misurazione».
D'altronde è noto il disappunto dello Scamozzi, allievo e imitatore del Palladio, allorché, riscontrando le dimensioni dei templi greci e romani, scopre che il Maestro padovano aveva disatteso tutte le misure dei suoi decantati progetti classici. D'altra parte Michelangelo, a chi gli faceva notare la poca somiglianza dei suoi famosi ritratti, replicava che la percezione dell'«aria di faccia» petrarchesca ha bisogno di universali, non di particolari. Chi volete che rileverà domani - diceva, pensando all'eternità della sua arte - la somiglianza di questi cardinali?
La mostra in svolgimento nel la basilica di San Lorenzo a Firenze, titolata «Petrarca nel tempo», vuole indagare sull'effettiva
indentità del poeta e cercare di svelare, attraverso le cose comuni, i particolari momenti operativi durante i quali il Poeta inseguiva una Laura vagheggiata e inafferrabile, come testimonia la tormentata scrittura, ostinatamente perfettibile nei segni, nel tentativo di identificare l'«aria di faccia» di un sogno o il concreto esercizio stilistico. Attraverso questo continuo raffronto tra mente e cuore, tecnica di scrittura e sperimentazione lirica, il Petrarca ha segnato il destino della poesia, che dal Medioevo al Novecento ha accompagnato «i petrarchisti flamboyants» -
per ripetere l'espressione pregnante di Mario Praz - sia di casa nostra che del mondo.
Il segreto del suo linguaggio è da cercare nel bilanciamento tra gli studia humanitatis e la sperimentazione del nuovo, in cui i: suo romanticismo viene frenate da un classicismo introverso, più che originario, mentre
l'amor sapientiae fa da contrappunto con l'amore terreno, per una Donna estraniata dal suo desiderio non condiviso. Sicché il Poeta rivela quell'ambiguo rap porto insieme «gentile e tristo> che, mentre riassume
l'incostanza umana e sociale del tempo come dire di tutti i tempi, viene trasceso dalla sua poesia, «perché cantando il duol si
disacerba».
In effetti in «Laura giovenile errore» vengono identificati gli amori sofferti e idealizzati di tutti i tempi, avendo il Poeta fatto coesistere alle sue pene («Io son un di quei che 'I pianger giova") la passione civile e gli insegnamenti etici, gli accenti di desiderio non ricambiato alla fragilità della propria condizione, non solo di poeta d'amore, ma di storico e filosofo, politologo e teologo, diplomatico e critico. Perché il Petrarca è uno dei primi letterati che ha avvertito la crisi tra i princìpi universalistici medievali e la nuova dimensione umanistica, così come acutamente anticipata dal «più sovrano maestro in dipintura» (Villari, 1339): da quel
Giotto che, dopo aver mutato «l'arte di greco in latino e la ridusse al moderno» (Cennini, 1400), ha
realizzato in pittura la tridimensionalità dell'umano, al di fuori degli schemi bizantini del
tempo.
Nel convegno che la Fondazione: Piazzolla di Roma ha organizzato a Bari nel salone della facoltà universitaria, con il patrocinio della Regione Puglia, Marco Santagata dell'Università di Pisa e tra i maggiori studiosi del Petrarca, ha confermato
nella sua prolusione che si deve «giudicare straordinariamente moderna l'idea della sua poesia, che nasce dalla mancanza e dal-la sottrazione dell'oggetto di desiderio». E «se ancora una volta, però, assumiamo un'ottica
storica - ha soggiunto Santagata -possiamo osservare che, rispetto ai predecessori, il rovesciamento petrarchesco ha un che di paradossale: alla laica poesia del Duecento la rinuncia o lo scacco del desiderio si risolvevano in perfezionamento morale, insegnamento etico, a volte impulso religioso, perché nella moralistica poesia di Petrarca l'esito ultimo, al contrario, è mon-danissima valorizzazione del canto come valore in sé».
È proprio questa «intertestua-lità» di ordine lirico che ritroviamo in tanti poeti succeduti a! Petrarca, tra cui ai nostri giorni Leopardi e Foscolo, e in tanti autori del '900, secondo l'insistita lettura fatta dal De Robertis, da Montale a Quasimodo, da Luzi a Zanzotto. Nelle prossime sessioni dell'articolato convegno della Fondazione Piazzolla su «Petrarca e la tradizione poetica» i temi su Foscolo e Leopardi saranno affrontali rispettivamente da Vi-tilio Masiello dell'Università di Bari e da Luigi Blasucci della Normale di Pisa, mentre Silvio Ramat dell'Università di Padova esaminerà «Petrarca nella poesia del '900» e Giulio Ferroni dell'Università La Sapienza concluderà il convegno con un intervento su «Petrarca in Montale».
Ma il centenario del Petrarca, e l'esame del Canzoniere, non si esauriscono con queste iniziative, perché nell'anno in corso vedranno la luce due nuove edizioni del Canzoniere a cura di Rosanna Bettarini (Einaudi), nonché a cura di Marco Santagata (Mondadori), mentre è annunciata per il 22 aprile fino al 4 luglio la mostra «Petrarca a Padova», in preparazione nei Musei Civici padovani degli
Eremitani.